ADOLESCENTI E CORONAVIRUS: UNA FASE DI VITA DELICATA VISSUTA IN UN MOMENTO SOCIALE DELICATO

Siamo oramai tutti a conoscenza di quanto sia delicata l’adolescenza e dei tanti compiti evolutivi caratteristici di questa fase1:

Processo di separazione-individuazione dalla famiglia d’origine: il termine separazione rischia di far immaginare qualcosa di drastico e negativo sia per i figli che per i genitori, in realtà si tratta di un progressivo ed evolutivo allontanamento, sia dal punto di vista fisico che affettivo, dalle figure genitoriali. Tale processo psicologico e sociale è spesso vissuto in modo conflittuale e ambivalente da tutta la famiglia perchè da un lato, l’adolescente, alla ricerca di sé e della propria autonomia, respinge i genitori e ciò che questi rappresentano (insieme a molti altri adulti e alle istituzioni) per prendere le distanze dai modelli, dai valori e dalle tradizioni che questi propongono, dalla propria dipendenza e da un precedente modo di stare in relazione; dall’altro, è rassicurante per il ragazzo poter contare su punti di riferimento solidi, se pur sempre meno idealizzati e sempre più reali, da cui poter trarre sostegno, valorizzazione e riconoscimento rispetto a ciò che è e alle proprie potenzialità e possibilità future;

Mentalizzazione del corpo sessuato: in questa fase si vivono trasformazioni corporee che si susseguono, in modo incontrollato e spesso poco armonico. Queste trasformazioni costringono già il preadolescente ad un lavoro di riconsiderazione, di rinnovamento dell’idea di sé. Il corpo che si trasforma in modo spesso non voluto spinge alcuni adolescenti a pratiche di recupero del controllo (attacchi alla corporeità attraverso l’alimentazione, pratiche dolorose, piercing, ecc);

La formazione dei propri ideali: si manifestano delle trasformazioni anche sul piano intellettuale, infatti, diviene progressivamente capace di usare il pensiero astratto e di rappresentarsi perciò non soltanto il mondo familiare, sociale e politico così com’è, ma come potrebbe essere se certi elementi e certe condizioni fossero diverse. Come conseguenza, l’adolescente smette di pensare alla realtà che vede e sperimenta come l’unica possibile ed emerge un atteggiamento spesso critico anche rispetto a giustificazioni fino a quel momento considerate valide. Da qui il bisogno di capire e spesso il desiderio di sperimentare in modo diretto e autonomo: nascono gli idoli, i miti, che sono proiezioni dell’Ideale dell’Io sui miti e le icone del mondo adolescenziale, assai variabili per sesso e gruppi di appartenenza;

La nascita sociale che rappresenta il percorso verso un ruolo socialmente riconosciuto. L’esperto psichiatra Charmet2 chiama questa fase “seconda nascita” che, dopo quella fisiologica, segna l’ingresso nel mondo adulto. Il punto di arrivo di questo percorso è nell’età adulta, ma durante tutta l’adolescenza si susseguono momenti e debutti provvisori, in situazioni e gerarchie gruppali diverse dalla famiglia L’incremento del desiderio di socializzazione si lega ai bisogni di appartenere e sentirsi rispecchiato dal gruppo dei pari e conducono l’adolescente a costruire nuove relazioni attraverso le quali sperimenta e pone le basi per la vita relazionale ed effettiva dell’età adulta.

L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo sembra da un lato aver sospeso la vita a cui tutti siamo sempre stati abituati: adulti a casa, senza lavorare o lavorando al PC. Ai tempi del Covid19 viviamo una casa che sembra sempre più piccola, senza uno spazio né un tempo per se stessi. L’ansia per la propria sicurezza fisica, le precauzioni, le limitazioni, le preoccupazioni economiche, le notizie contraddittorie dalla TV, le incertezze rispetto al futuro.

In mezzo a tutto questo ci sono loro, i ragazzi, ai quali questo tempo sta chiedendo molto: figure a volte aleatorie, a volte arrabbiate, girano per casa captando tutte le angosce della famiglia e contattando le proprie. Gli adolescenti, sul trampolino di lancio della propria vita, si sono visti frenati all’improvviso.

Eppure nonostante questa frenata causata dal Covid19 la vita chiede loro di andare avanti: mantenere una vita sociale, sfogarsi con gli amici ma senza parlare ad alta voce per paura che i genitori sentano; vivere la propria storia d’amore senza potersi vedere e senza avere le certezze di un adulto; continuare a studiare con compiti ed interrogazioni senza lo scambio consueto con i propri pari, utilizzando proprio quella tecnologia per la quale fino a pochi mesi fa litigavano con i genitori per il troppo utilizzo.

Nel mio lavoro di psicoterapeuta in questo periodo sento spesso genitori preoccupati o arrabbiati rispetto al comportamento dei loro figli e vorrei cercare di dissipare un po’ di confusione.

I ragazzi vivono una realtà scissa: in questo periodo “straordinario” chiediamo loro di fare “gli straordinari” non uscendo da casa, non vedendo gli amici ma con la pretesa che si impegnino “ordinariamente” nella scuola nonostante la confusione di notizie e di organizzazione.

La TV ci consiglia vivamente di strutturare le nostre giornate tra impegni, attività fisica, lavoro e alimentazione sana e sicuramente è un bene che i ragazzi mantengano alcune costanze nella loro vita.

Nonostante queste indicazioni però spesso vediamo ragazzi fare le ore piccole al telefono o al PC con gli amici o guardando serie tv. Da un lato ciò rappresenta un’alterazione del ciclo vitale ma vorrei sottolineare quanto il tempo notturno sia spesso l’unico in cui gli adolescenti sentono di vivere la propria privacy: genitori a letto significa esperire davvero la sensazione di avere la casa solo per sé. Inoltre vorrei sottolineare che vivere di notte rappresenta una trasgressione dai modelli familiari che come abbiamo visto è necessaria per portare avanti il processo di separazione-individuazione dell’adolescente dalla famiglia.

Al contempo ciò rappresenta un nodo cruciale quando tale abitudine influenza in maniera determinante l’andamento della giornata: umore irascibile, negligenza nei propri compiti domestici, apatia, trascuratezza nello studio o isolamento dalla vita familiare possono essere indicatori da non sottovalutare.

Anche la tecnologia rappresenta un punto ambivalente: con il dilagarsi della dipendenza da Internet l’attenzione verso i dispositivi elettronici è cresciuta notevolmente negli ultimi anni. Eppure oggi è proprio grazie a questi dispositivi che i ragazzi continuano la loro formazione, dunque passano su internet molto tempo. Ma è poi giusto togliere loro il telefono perchè l’hanno usato già molto tempo quando esso rappresenta l’unico canale di socializzazione possibile?

Credo vivamente che in questa fase di emergenza sociale sia bene dare valore ed attenzione ad altri indicatori di benessere o malessere psicologio: piuttosto che privarli del telefono sarebbe bene far in modo che i ragazzi non lo usino durante i pasti consumati in famiglia o durante il tempo trascorso insieme magari vedendo un film o facendo un gioco. Piuttosto che demonizzare in toto il telefono sarebbe bene limitare il tempo trascorso con i videogiochi (anche alla playstation).

Buoni segnali di serenità nei ragazzi possiamo rintracciarli oggi anche nelle risorse che essi investono nel mantenere l’impegno della scuola: la partecipazione alle videolezioni, il rispetto degli appuntamenti, lo svolgimento dei compiti tra la mattina ed il pomeriggio, sono buoni indicatori.

Mantenere questa routine scolastica, senza il beneficio del contatto amicale, richiede loro molta autodisciplina ed attenzione, al punto a volte, di lasciar loro pochissime altre energie per autoregolarsi.

Questa fase di vita richiede dunque ai genitori di essere ancora più aperti e flessibili, non tanto per “giustificare” i comportamenti dei loro figli ma per “spiegarseli”, magari condividendo le preoccupazioni insieme.

1 http://www.goccedipsicologia.it/mio-figlio-adolescente-quello-sconosciuto/ di M. Paccamiccio

2 Guastavo Pietropolli Charmet è uno dei più importanti psichiatri e psicoterapeuti italiani. Si è laureato in medicina all’Università di Padova, specializzandosi in psichiatria presso la Clinica Universitaria di Milano. È stato primario in diversi ospedali psichiatrici e docente di Psicologia dinamica all’Università Statale di Milano e all’Università di Milano Bicocca. Nel 1985, con l’appoggio di Franco Fornari e con altri soci, ha fondato l’Istituto Minotauro di cui è stato presidente fino al 2011. È autore di numerosi saggi sull’adolescenza.

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